Giovanni De Pierro: lo smart working deve andare avanti

Giovanni De Pierro è conosciuto non solo per la sua lunga esperienza nel mondo dell’imprenditoria e degli yacht di lusso, ma anche per le sue competenze in tema di consulenza del lavoro. Infatti, l’imprenditore di Roma Giovanni De Pierro è stato Consulente del Lavoro dal 1970 al 1990 per importanti società, che operavano in settori particolari, quali lo smaltimento e raccolta dei rifiuti tossici, nocivi e solidi urbani, oltre che nel settore della sanificazione ambientale. E, in questo momento particolarmente delicato per l’Italia e per il mondo, il team di consulenti del lavoro di Giovanni De Pierro, imprenditore di Roma, ha fatto il punto sullo stato attuale dello smart working nella fase del post – lockdown. Dando un’occhiata ai dati e, soprattutto concentrando l’attenzione sulle ricerche portate avanti dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, tra maggio e giugno il 40% dei lavoratori impegnati nello Smart Working ha fatto ritorno presso la propria sede di lavoro. Se prima del confinamento gli occupati in modo agile erano circa l’1,2%, durante la fase più drammatica della pandemia la cifra ha toccato quota 8,8%, In questo momento, invece, i dipendenti in smart – working si attestano sul 5,3%. Il team di consulenti del lavoro di Giovanni De Pierro a Roma ha preso quale punto di riferimento il report dal titolo “Tempo di bilanci per lo smart working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse”. Si tratta di una ricerca ottenuta a partire dai dati ISTAT, in grado di mettere in luce come il lavoro agile abbia interessato maggiormente i settori dell’informazione e della comunicazione, facendo registrare 28,2 lavoratori in Smart Working in più ogni 100 dipendenti, mentre in altri comparti professionali, quali quello scientifico e tecnico, l’incremento tra i lavoratori in smart – working è aumentata di 16 dipendenti in più ogni 100. La ricerca ha evidenziato come la pratica del lavoro agile, inoltre, si sia sviluppato maggiormente nelle grandi aziende, mentre tra le piccole lo sviluppo è stato meno incisivo. I dipendenti che potrebbero essere interessati dallo smart – working sarebbero potenzialmente 3,8 milioni, il 21,1% del totale, se si prendono in considerazione anche i lavoratori di aziende private e organizzazioni pubbliche. In questa cifra rientrano per lo più gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (1,2 mln di lavoratori), seguiti da tecnici dell’organizzazione e dell’amministrazione delle attività produttive (515 mila) e dagli specialisti delle scienze gestionali e commerciali (399 mila). Dal punto di vista geografico e territoriale, invece, il tasso di crescita del lavoro agile prima e dopo il confinamento vede il Lazio in cima alla classifica, seguito da Piemonte e Lombardia. Con l’avvio della Fase 3, invece, circa la metà dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede, dimostrando come molte aziende si siano mostrate impreparate davanti all’eventualità del lavoro agile. Infatti, il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca, ha sottolineato che questa modalità non si sposa bene con la cultura del paese, poiché molte aziende, nei primi momenti dell’emergenza, prima di ricorrere al lavoro agile, hanno fatto ricorso ad altre soluzioni provvisorie (ad esempio le ferie).

 

I consulenti del lavoro del team dell’imprenditore romano Giovanni De Pierro chiariscono i ritardi connessi all’emissione della cassa integrazione

La cassa integrazione ha smarrito la via di casa e non arriva dall’INPS. Così, molte persone non hanno ancora ricevuto l’intero montante oppure sono in attesa delle mensilità successive, che dovevano giungere dopo aver percepito la rata del mese di marzo. Il ritardo è da addebitarsi all’INPS, ma il motivo del differimento nel pagamento è chiarito dai consulenti del lavoro. Proprio questi ultimi hanno sempre criticato l’organizzazione e la gestione della cassa integrazione, sottolineando come sarebbe stato più facile procedere con l’erogazione di un unico ammortizzatore sociale COVID-19. I consulenti del lavoro del team di Giovanni De Pierro a Roma hanno individuato che le difficoltà maggiori giungono dalla cassa integrazione in deroga che, almeno per le prime 9 settimane previste dal decreto Cura Italia, deve transitare attraverso le Regioni. Pertanto, con la proroga del decreto di Rilancio, l’intero meccanismo verrà snellito. Un’ulteriore criticità potrebbe giungere dall’anticipo del 40% del montante, con pagamento diretto da parte dell’INPS a 15 giorni dalla richiesta. Dunque, chiariscono i consulenti del lavoro del team di Giovanni De Pierro, imprenditore romano con esperienza nel campo della consulenza del lavoro, il ritardo nella corresponsione della cassa integrazione è dovuto ad un disguido tecnico che si è realizzato tra i datori di lavoro e l’INPS stessa. Quest’ultima, infatti, sta facendo registrare molteplici rallentamenti e criticità. Infatti, anche il team di consulenti del lavoro di cui l’imprenditore romano Giovanni De Pierro è leader, ha affermato come i datori di lavoro, dopo aver fatto richiesta delle prime 9 settimane di cassa integrazione, possono avanzare un’altra istanza per la corresponsione di altre 5, per un totale di 14 settimane. Soltanto in un periodo successivo possono richiedere altre 4 settimane di cassa integrazione per un periodo che non superi le 18 settimane, qualora il lasso temporale sia antecedente al 1° settembre 2020.