Una delle questioni in discussione riguardo all’immunità da Covid-19 è se una volta guariti dall’infezione si sviluppi un’immunità permanente o se esista la possibilità di contrarre nuovamente il virus. Per il momento si seguono le linee guida del Ministero della Salute, secondo le quali una persona si può definire completamente guarita solo dopo aver sconfitto i sintomi del Covid-19, ovvero febbre alta e difficoltà respiratorie anche gravi, e risulti negativa a due tamponi effettuati nell’arco di 24 ore.
I dubbi sulla possibilità di contrarre nuovamente il Covid-19 dopo un certo periodo di tempo, anche a guarigione avvenuta, stanno sorgendo sulla base di molteplici notizie provenienti da Cina e Giappone, dalle quali emerge che alcune persone si sono ammalate una seconda volta e hanno manifestato nuovamente i sintomi di questa malattia. Una delle ipotesi al vaglio degli studiosi però, è che le persone che si sono infettate di nuovo dopo un certo periodo di tempo non fossero completamente guarite e che quindi si trattasse di una ricaduta, e non di un secondo contagio. Altra questione riguarderebbe i tamponi e le modalità con le quali sono stati effettuati, come anche la qualità del campione stesso che è stato analizzato: vista l’alta sensibilità dei test, i risultati sono stati spesso contraddittori. Si è ipotizzato allora che i pazienti fossero risultati negativi al test ma che in realtà vi fosse ancora la presenza del virus nel loro organismo, e ciò avrebbe indotto in errore i medici. Nei fatti, quindi, il mondo scientifico non possiede ancora abbastanza dati per produrre una risposta certa e univoca; ciò che è sicuro è che esistono molteplici tipologie di Coronavirus, che sono quelle che generano raffreddori e le comuni influenze stagionali: per questo tipo di virus l’organismo riesce a produrre anticorpi sufficienti ad avere l’immunità per pochi mesi, ma ancora non è chiaro quale potrebbe essere la risposta anticorporale riguardo a Covid-19.
La conoscenza di questo virus risale a pochi mesi ed è quindi comprensibile che non vi siano risposte definitive a molte domande, compresa quella sull’immunità permanente; alcune ricerche preliminari sugli anticorpi trovati in chi si ammala danno indicazioni sul fatto che la persona colpita dal virus crei una sorta di memoria immunitaria, tutelandosi effettivamente dalla possibilità di ammalarsi di nuovo; ciò che non si sa però è per quanto tempo si perpetui questa memoria, e soprattutto se il meccanismo avviene nel medesimo modo in tutti i soggetti; è noto infatti che ogni persona risponde in maniera diversa alle aggressioni virali.
Comprendere la capacità e il livello di immunizzazione di ciascun soggetto si rileverà fondamentale per organizzare una corretta gestione della campagna vaccinale in vista dell’ottimizzazione del vaccino, che al momento è ancora in fase sperimentale.